Citopatologie

classificazione delle patologie



La "Macchia infettiva" ovvero: il Biofilm

Per molto tempo, nella storia della microbiologia, i microrganismi sono stati considerati organismi planctonici, cioè cellule sospese e classificate secondo la tipologia della loro crescita in un mezzo di coltura, ma già nel 1600 Anton van Leeuwenhoek, raschiando la superficie dei denti, osservò, con il suo microscopio primitivo, gli “animaluculae” che altro non erano che delle comunità microbiche. Ci vollero molti anni di studi e diagnostiche strumentali avanzate per giungere ad una più profonda conoscenza chimico-genetico-strutturale di tali associazioni batteriche, successivamente denominate “Biofilm”. Infatti, grazie a studi ultramicroscopici (Microscopia elettronica a scansione, a trasmissione, confocale laser, ecc), oggi sappiamo che i biofilm sono costituiti per il 15% da colonie batteriche e /o micotiche, circondate, per il restante 85%, da una matrice organica da esse prodotta il cui scheletro è costituito da esapolisaccaridi (EPS). La quantità di EPS varia a seconda dell’organismo e l’ammontare di EPS aumenta con l’aumentare dell’età del biofilm. Inoltre, nella matrice sono state individuate anche proteine e DNA extracellulare. La natura della struttura del biofilm e le caratteristiche fisiologiche degli organismi che lo popolano, conferiscono una resistenza agli agenti antimicrobici come antibiotici, disinfettanti e detergenti. Tale resistenza antimicrobica non è genotipica (cioè portata da plasmidi, trasposoni o legata ad eventi mutazionali) ma è, piuttosto, dovuta a strategie multicellulari e/o alla capacità delle singole cellule, interne al biofilm, di differenziarsi in uno stato fenotipico tollerante l’azione antibiotica e si esprime con meccanismi diversi quali: la penetrazione ritardata dell'agente antimicrobico attraverso la matrice del biofilm; l’alterata crescita degli organismi all’interno del biofilm; cambiamenti fisiologici dovuti al modo di sviluppo del biofilm. Tutto ciò spiega il motivo per il quale soltanto il 10 % di tutti i microrganismi sono distribuiti in natura in forma planctonica, condizione questa di “vulnerabilità” sia per l’attacco da parte dei fagociti (macrofagi e neutrofili) sia per l’azione batteriostatica e/o battericida degli antibiotici. Nostri recenti studi di citologia nasale hanno descritto, per la prima volta, alcuni aspetti “morfologico-cromatici”, evidenziati in pazienti affetti da rinopatie infettive (batteriche e micotiche), ritenuti essere l’espressione morfologico-cromatica di biofilm. Determinante ai fini della correlazione Cromatismo = Biofilm è stato l’aver rilevato, in alcune citologie, particolari cromatici, della gradazione del “ciano” (lunghezza d’onda intorno a 480 nanometri), che solitamente non rientrano nello spettro dei colori di una citologia nasale se colorata con la metodica di MGG. (Fig.) A rafforzare il sospetto di biofilm è stato il riscontro, quasi sistematico, all’interno di tali formazioni cromatiche, della presenza di numerosi batteri e/o spore micotiche, tanto da giustificare la denominazione di “Macchie Infettive” (M.I.). (Fig.) Occorre precisare che la MI, pur rimanendo nello spettro del ciano, può presentare sfumature di colore variabile, verosimilmente dovute all’età del biofilm: più esso è maturo, più è ricco in componente polisaccaridica e, di conseguenza, più intenso il suo colore. (Fig.) La positività alla colorazione col reattivo di Schiff (periodic acid staining - Schiff's reagent - PAS), specifica per i polisaccaridi, ha confermato la natura polisaccaridica della matrice della MI, e, di conseguenza, la sua appartenenza al biofilm. (Fig.) Riteniamo che tali rilievi microscopici possano essere utili, sia sul piano diagnostico, al fine di una maggiore comprensione degli aspetti microbiologici correlati a determinate rinopatie (rinosinusiti, ipertrofia adenoidea, poliposi nasale, ecc), sia sul piano terapeutico, con l’individuazione di nuovi farmaci e/o dispositivi medici in grado di disgregate e/o neutralizzare tali organizzazioni microbiche.

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